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Divergenze Interpretative in Cassazione: La Complessa Nozione di Credito Inesistente ai Fini Penali

La complessità giuridica nel discernere la nozione di credito inesistente, soprattutto nei contesti penali e amministrativi, è emersa con forza nella recente sentenza della Corte di Cassazione, sezione III penale, depositata il 6 gennaio 2024. Questa pronuncia, pur sostenendo una chiara distinzione tra gli ambiti penali e fiscali, si colloca in netto contrasto con altre decisioni della Suprema Corte e, in particolare, con le recenti sentenze delle Sezioni Unite 34419 e 34452, depositate l’11 dicembre dell’anno precedente.

La rilevanza di tale divergenza interpretativa si riverbera su un aspetto cruciale: l’eventuale sanzionabilità e gravità dell’indebita compensazione di crediti ai fini tributari, con impatti diretti sul trattamento penale che potrebbe assumere un atto apparentemente meno grave sotto l’aspetto fiscale.

La sentenza in esame solleva una questione cruciale riguardante una compensazione di crediti fittizi che, secondo la difesa, poteva essere individuata con relativa facilità attraverso controlli formali o con i dati a disposizione dell’amministrazione finanziaria. Questa situazione, nonostante le attività di verifica e accertamento svolte, evidenziava la fittizietà dei crediti e delle società coinvolte nell’operazione creditizia.

La difesa ha sostenuto che, secondo le regole tributarie (ex articolo 13 del DIgs 471/1997), il credito contestato non doveva essere considerato inesistente ma non spettante, giacché la sua invalidità richiedeva la presenza di due condizioni: la fittizietà del credito o la mancanza del presupposto e l’impossibilità di rilevare la violazione attraverso procedure automatizzate o controlli formali delle dichiarazioni.

Tuttavia, secondo la pronuncia della Corte di Cassazione, l’interpretazione dell’articolo 13, così come emendato dal DIgs 158/2015, si applica esclusivamente agli illeciti amministrativi. In questo contesto, la seconda condizione, ovvero la modalità di individuazione della violazione, risulterebbe del tutto irrilevante ai fini penali.

Una peculiarità di tale controversia giuridica è il contrasto con le recenti sentenze delle Sezioni Unite, che sostengono l’unitarietà della nozione di crediti inesistenti e non spettanti tra ambito penale e fiscale. Le Sezioni Unite hanno argomentato in modo diametralmente opposto rispetto alla sentenza della terza sezione penale. Secondo queste ultime, il fatto che la nozione di credito non spettante/inesistente sia stata introdotta solo per fini tributari con il decreto 158/2015 costituirebbe la prova della sua irrilevanza nell’ambito penale.

Questa divergenza interpretativa rivela un dibattito giuridico complesso e dibattuto, con implicazioni dirette sul trattamento legale delle indebite compensazioni di crediti. L’eventualità che un’azione considerata relativamente meno grave sotto l’aspetto fiscale possa acquisire estrema gravità ai fini penali, con conseguenze che potrebbero giungere fino a sei anni di reclusione, sottolinea l’importanza di una chiara e uniforme interpretazione giuridica.

In conclusione, la complessità della nozione di credito inesistente evidenziata dalle divergenti interpretazioni giuridiche richiede un approfondimento e una riflessione critica, al fine di garantire una maggiore coerenza e uniformità nell’applicazione delle norme legali, evitando situazioni di incertezza che potrebbero compromettere l’equità e l’efficacia del sistema giudiziario.

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